I gambali di lana dell'età del ferro rinvenuti tra i ghiacci delle Vedrette di Ries
Vittima tra i ghiacci sulle Vedrette di Ries, tra la Valle di Riva e la Valle di Anterselva
Un paio di gambali e di calzature in tessuto di lana, alcuni brandelli di calzature in pelle sono quello che rimane dell’abbigliamento “da montagna” di un
uomo della prima età del Ferro che si era spinto fino ai 2800 m di quota nei pressi dell’odierno rifugio Rieserfernerhutte sulle Vedrette di Ries, nelle Alpi
della Val Pusteria che ora segnano il confine tra Italia e Austria. Un altro straordinario rinvenimento archeologico in alta quota, come è avvenuto per Otzi, la mummia del Similaun, l’uomo vissuto nell’età del Rame. Nel caso
dei reperti rinvenuti sulle Vedrette di Ries si riferiscono ad una persona sconosciuta risalente all’età del ferro e ad un episodio non determinabile
avvenuto tra l’VIII e il VI secolo a.C.
L’uomo forse è rimasto vittima di un incidente su un’alta montagna, ma non si hanno specifici elementi per chiarire l’accaduto, non essendo rimasta traccia
nè del suo corpo nè della sua attrezzatura.
La scarpa dell'età del ferro rinvenuta tra i ghiacci delle Vedrette di Ries
Il luogo del ritrovamento è ubicato sulla cresta di Val Fredda che segna il passaggio tra la Valle di Riva, una diramazione della Valle di Tures, e la Valle
di Anterselva, nei pressi di un valico.
Per salire su questa montagna partendo dalla Valle di Riva e risalendo la Val Fredda il tragitto, di circa 9 km, si può compiere tranquillamente in 4 ore,
mentre dalla Valle di Anterselva il percorso è molto più ripido e impegnativo e maggiore è il dislivello.
Il morso di cavallo dalla necropoli di Vadena
Il morso di cavallo dalla necropoli di Vadena, uno status symbol di un aristocratico
Il morso di cavallo in bronzo con due montanti a forma di cavallino rinvenuto nella necropoli di Vadena / Pfatten, poco a sud di Bolzano lungo la Valle dell’
Adige, è una foggia tipica della produzione villanoviana di IX-VIII secolo a.C.
L’oggetto, elemento importante della bardatura del cavallo, rivela non solo l’importazione dall’Etruria settentrionale di un manufatto di pregevole fattura,
ma anche l’acquisizione di un modello culturale di valenza sociale legato al prestigio e al ruolo sempre più importante del cavaliere durante l’età del
ferro.
I manufatti villanoviani ebbero grande diffusione anche al di fuori della loro zona di produzione, in particolare le armi e gli elementi della bardatura del
cavallo, come i morsi di cavallo, oggetti di prestigio che indicano lo status economico e sociale privilegiato dei cavalieri, una classe di aristocratici che
si distinguevano per ricchezza e potere e, appunto, per il possesso del cavallo. Il possesso del cavallo era considerato nel mondo antico un segno di distinzione sociale, specie nel momento in cui agli inizi dell'età del ferro si andavano
differenziando all'interno delle prime comunità protourbane gruppi emergenti dal punto di vista del rango, della ricchezza e del prestigio.
Il morso di cavallo di Vadena, prodotto nei territori di cultura villanoviana, in particolare a Veio, raggiunse forse l’alta vallata dell’Adige attraverso i
centri di Bologna e Verrucchio, i due centri villanoviani più settentrionali dell’Italia.
La fibula a semiluna da Peterbuhel Colle San Pietro (Fiè allo Sciliar)
La fibula a grandi coste dalla necropoli di Vadena
A Vadena / Pfatten, tra la Valle dell’Adige e il Lago di Caldaro, è stata scoperta una vasta necropoli, la più importante dell’Alto Adige, con urne cinerarie
delimitate da lastre di porfido, i cui corredi dimostrano le intense relazioni fra il mondo alpino e le civiltà della pianura padana a sud e la cultura
hallstattiana a nord.
Nelle tombe ad incinerazione femminili si sono trovati numerosi elementi di ornamento in bronzo, come bracciali, orecchini, pendagli e le caratteristichefibule a grandi coste, una produzione tipica della cultura di Golasecca, diffuse nella prima età del ferro. Erano prodotte per fusione piena in matrici in pietra o terracotta ed erano spesso collocate in coppia, destinate a fissare sulle spalle la stola o il
mantello della defunta.
Questo tipo di fibula avrà uno sviluppo eccezionale durante la prima età del ferro modificandosi nella forma e negli accessori (arrivando a modelli
estremamente complessi con numerose catenelle pendenti dalle costolature dell’arco).
La fibula a semiluna da Peterbuhel Colle San Pietro (Fiè allo Sciliar)
La fibula a semiluna da Peterbuhel/Colle San Pietro (Fiè allo Sciliar): un prezioso oggetto votivo simbolo di ricchezza e di prestigio.
La bellissima fibula in bronzo è stata rinvenuta a Peterbuhel/Colle San Pietro, presso Fiè allo Sciliar, una località tra la Valle Isarco e il massiccio
dello Sciliar abitata durante tutta l’età preistorica e protostorica, dove nell’età del ferro esisteva un luogo di culto e dove sono stati rinvenuti i resti
di un vallo difensivo dell’abitato.
La fibula, di forma semilunata, è decorata da un volto a rilievo contornato da motivi geometrici a sbalzo e da una serie di pendagli in lamina di bronzo che
pendono dal bordo esterno, trattenuti da catenelle di maglia. La forma della fibula e la presenza dei pendagli ne fanno un ornamento composito e prezioso con
funzione di pettorale.
L’oggetto, datato al 500 a.C., per la sua forma particolare e la ricca decorazione, fu creata probabilmente con valore di oggetto votivo e simbolico più che
funzionale.
Il cinturone di Lothen - San Lorenzo di Sebato
Il cinturone di Lothen (Campolino - San Lorenzo di Sebato): la comparsa della scrittura
Il cinturone di bronzo, conservato nel Museo Archeologico di Bolzano, presenta su una faccia un’iscrizione in lingua retica e sull’altra una decorazione
zoomorfa con due cervi rivolti verso destra.
Fu rinvenuto ai piedi del Burgkofel di Lothen (San Lorenzo di Sebato) assieme ad altri pregevoli reperti di bronzo e ferro, fibule, bracciali, collane,
anelli di briglie e una spada eccezionalmente decorata sulla lama, oggetti di tipo celtico prodotti tra il 450 e il 370 a.C., alcuni dei quali esposti nel
nuovo museo del Comune di San Lorenzo di Sebato.
Il cinturone rientra tra i prodotti di artigianato metallurgico influenzati dalla cultura celtica di La Tène (dal nome della piccola località lacustre,
presso Neuchâtel in Svizzera dove furono scoperti i primi reperti) che si sviluppa nella seconda età del ferro, intorno alla metà del V secolo a.C.,
caratterizzata da uno stile nuovo ed inconfondibile. La cultura di La Tène si distingue per la produzione di oggetti artistici di grande pregio riccamente decorati e per la produzione di armi, propria di tribù
di guerrieri dediti alle azioni di rapina e di guerra che penetrarono in Italia ad ondate successive e si arricchirono con le razzie ai danni delle
popolazioni italiche dell’Italia settentrionale e centrale.
L'elmo celtico
dalla necropoli di Vadena
L’elmo celtico dalla necropoli di Vadena: un modello di grande successo.
L’elmo in ferro rinvenuto nella necropoli di Vadena / Pfatten rientra tra gli elmi di tipo celtico prodotti tra il IV e il III sec. a.C.. Questa tipologia di
elmo, per la sua semplicità e praticità, verrà adottato in varie parti d’Italia e sarà il preferito dalle legioni romane fino al I secolo d.C. Di forma conica ha una piccola tesa posteriore con funzione di paranuca e un bottone sulla sommità. In questo esemplare mancano le paragnatidi (paraguance)
mobili inserite tramite cerniere all’altezza delle tempie che servivano da protezione per gli zigomi e le guance.
I guerrieri reti entrati in contatto con le tribù celtiche penetrate in Italia introdussero nel loro armamentario la spada e l’elmo e l’uso di seppellire i
guerrieri con le loro armi, come nel caso della sepoltura di Vadena.
Si ringrazia per la cortese collaborazione il Museo Archeologico dell’Alto Adige e il dott. Umberto Tecchiati dell’Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Bolzano