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Archeologia e Montagna
Neolitico - Reperti
 
Sezione curata da Gaia Pignocchi di Ancona
 
I nuovi prodotti artigianali degli agricoltori neolitici
 

 
 

 
 

   
Ricostruzione di ascia neolitica

Ricostruzione di ascia neolitica
Museo Archeologico dell’Alto Adige
http://www.iceman.it/it/neolitico
Scodella decorata da Villandro Plunacker

Scodella decorata da Villandro Plunacker
La scodella decorata del villaggio neolitico di Villandro-Plunacker
La ceramica rappresenta il prodotto artigianale che segna la nascita delle comunità agricole e che le contraddistingue nelle varie epoche storiche in base delle specifiche forme e decorazioni.
Lo studio dei reperti ceramici fornisce dunque agli archeologi preziosi indizi per determinare la fase cronologica e culturale di un insediamento.
La scodella è una delle forme più diffuse tra i recipienti in ceramica in uso presso le comunità neolitiche. Serviva per vari usi domestici, in particolare per bere e per mangiare oltre che per preparare e conservare alcuni cibi.
La scodella dell’insediamento del primo neolitico di Villandro-Plunacker (fine VI millennio a.C.), in larga parte ricomposta, è caratterizzata dalla decorazione incisa e da due anse che potevano servire sia per afferrarla sia per appenderla all’interno della capanna
   
Ricostruzione di falcetto

Ricostruzione di falcetto
Falcetti con lame in selce per tagliare i vegetali
Un attrezzo indispensabile per i lavori nei campi e per il taglio e la raccolta dei vegetali è il falcetto.
Negli insediamenti neolitici si rinvengono spesso lunghe lame di selce i cui margini presentano la caratteristica lucidatura dovuta al continuo sfregamento con le piante. Queste lame (elementi di falcetto) erano inserite in un manico di legno dritto o ricurvo, a seconda degli usi, e fissate con mastici vegetali.
Lame come queste rinvenute nel sito di Villandro-Plunacker, sottili e allungate, con i margini paralleli e con ritocco assai marginale, sono tipiche del Neolitico antico.
   
Ascia in pietra verde da Fiè allo Sciliar

Ascia in pietra verde da Fiè allo Sciliar
L’ascia in pietra verde di Fiè allo Sciliar
Nel Neolitico inizia la fabbricazione di utensili da lavoro in pietra levigata, in particolare le asce, indispensabili per il disboscamento forestale, la lavorazione del legno e l’aratura dei terreni agricoli.
Sono realizzate utilizzando vari tipi di pietra, per lo più di colore verde, come il caso della serpentinite, una pietra locale, presente negli strati geologici delle Alpi, tra il Brennero, la Val di Vizze e la Valle Aurina, e reperibile sotto forma di ciottoli lungo i fiumi Adige, Isarco e Rienza. Per le asce si utilizzavano ciottoli di forma idonea (con un’estremità più larga e l’altra più assottigliata) che venivano poi accuratamente levigati con altre pietre e materiali abrasivi per ottenere un margine tagliente.
Le asce in pietra così ottenute erano poi immanicate su legni idonei legandole con strisce di pelle o con corde vegetali.
Questa ascia, lunga 13,5 cm, rinvenuta in superficie presso Fiè allo Sciliar, è datata al Neolitico medio (IV millennio a.C.).
   
Punta in cristallo di rocca da Sabiona

Punta in cristallo di rocca da Sabiona
Un oggetto di prestigio: la punta in cristallo di rocca da Sabiona.
Trasparente come il vetro, freddo come il ghiaccio, incolore come l’acqua e capace di scomporre la luce nei colori dell’arcobaleno, il cristallo di rocca è tra i più nobili dei minerali e fin dall’antichità gli sono state attribuite proprietà prodigiose e soprannaturali oltre che qualità magiche e terapeutiche.
Questa bellissima punta foliata in cristallo di rocca, oltre alla funzione pratica come punta di pugnale o di lancia avrà sicuramente avuto anche un valore simbolico e sarà forse appartenuta a qualche personaggio di rango come oggetto di prestigio.
Rinvenuta a Sabiona, sopra Chiusa, tra Villandro e Velturno, lungo la Valle Isarco, in un’area particolarmente ricca di testimonianze neolitiche, si data tra il Neolitico finale e l’età del Rame.
   

Si ringrazia per la cortese collaborazione il Museo Archeologico dell’Alto Adige e il dott. Umberto Tecchiati dell’Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Bolzano


 
   
 
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