Una delle forme di fusione per asce dal colle Terner-Ternerbüehel (San Lorenzo di Sebato)
La forma di fusione bivalve per asce dal colle Terner / Ternerbüehel (San Lorenzo di Sebato)
Le forme di fusione, dette anche matrici, servivano per realizzare oggetti in metallo della forma desiderata in quanto riproducevano in negativo la sagoma dell’oggetto da ottenere.
Lo stampo poteva essere monovalve o bivalve, cioè ad uno o due pezzi. Quello ad una sola valva serviva per realizzare oggetti molto semplici, piatti e sottili, mentre la matrice bivalve, formata da due stampi combacianti e speculari, permetteva di realizzare strumenti più spessi e complessi, qualche volta anche cavi per l’introduzione di un nucleo di argilla tra le due matrici, che veniva poi estratto a prodotto finito.
Il metallo fuso, contenuto in un crogiuolo, piccolo recipiente di pietra o di argilla refrattaria resistente al calore, veniva colato nello stampo attraverso un foro generalmente ad imbuto. Una volta che il metallo si era solidificato, l’oggetto era estratto e rifinito con la martellatura.
Le due valve dal colle Terner/Ternerbüehel (San Lorenzo di Sebato) appartengono ad una forma di fusione bivalve e recano ciascuna l’impronta in negativo di un’ascia a margini lievemente rilevati del bronzo antico.
Il territorio dell’attuale comune di San Lorenzo di Sebato, presso Brunico, ha conosciuto nell’antica età del bronzo una concentrazione particolare di abitati in un ambito geografico ristretto, ma particolarmente favorevole agli scambi commerciali e al reperimento delle materie prime.
La zona si trovava in prossimità dei ricchi giacimenti minerari come quelli di rame della Valle Aurina e in un punto strategico della viabilità pre-protostorica, alla confluenza del Rio Gadera nella Rienza, all’incrocio tra Val Badia e Val Pusteria, direttrici di collegamento con la Pianura Padana e con i territori d’oltralpe.
Numerosi gli indizi dello sfruttamento e della lavorazione del metallo in questa zona (scorie di rame dal Sonnenburg-San Lorenzo di Sebato, ripostiglio di pani di rame e tracce di attività fusoria da San Giorgio-Brunico all’imbocco della valle Aurina, forme di fusione da vari abitati).
L’ascia è uno strumento polivalente, attrezzo indispensabile in carpenteria, per il taglio e la lavorazione del legno, ma anche arma per il combattimento corpo a corpo. Sostituita nell’uso bellico dalla lancia, a partire dalla media età del bronzo, rimase comunque ampiamente diffusa come utensile da lavoro.
Stampo di fusione per falce da Collalbo - Piperbühel (Renon)
La forma di fusione per falce da Collalbo - Piperbühel (Renon)
Lo stampo di Collalbo-Piperbühel (Renon) in pietra arenaria, reca la sagoma in negativo di una lama di falcetto dalla forma perfettamente ricurva, lunga circa 20 cm.
La lama aveva un dorso ispessito di rinforzo sul margine esterno e per l’uso era poi inserita su un manico in un materiale deperibile (legno).
Si è conservata solo una valva della forma di fusione, ma in origine ne esisteva una seconda, andata perduta, combaciante con questa.
In alto si nota chiaramente il foro verticale di sfiato che serviva per far uscire l’aria, quando, attraverso un altro foro, generalmente ad imbuto, veniva colato il bronzo fuso che poteva così andare a riempire liberamente la cavità dello stampo che riproduceva la forma dell’oggetto.
Il falcetto in bronzo, attrezzo agricolo indispensabile per la mietitura dei cereali, fa la sua comparsa nella media età del bronzo e sostituisce quello realizzato con lame di selce in uso dal Neolitico.
Punta di lancia dal villaggio di Appiano - Gamberoni
La punta di lancia di Appiano - Gamberoni
A partire dal bronzo medio (metà del II millennio a.C.), grazie anche al perfezionamento delle tecniche di fusione, vengono fabbricate nuove armi da offesa, lance e spade, che i guerrieri dell’età del bronzo utilizzano sempre più spesso al posto di asce e pugnali.
La lancia è un’arma composta da una punta in bronzo inserita in un’asta di legno alla quale era fissata con piccoli chiodi.
La punta di lancia di Appiano - Gamberoni, lunga circa 25 cm, ha la lama di forma ogivale, un innesto tubolare (immanicatura “a cannone”) per inserirla sull’asta di legno e fori per il fissaggio.
La punta è stata realizzata con la tecnica della fusione in una forma di fusione bivalve che recava l'impronta dell'oggetto. La parte cava dell'immanicatura a cannone è stata ottenuta inserendo nella matrice un'anima in argilla di forma cilindrica che è stata poi estratta una volta che il pezzo era pronto.
Lancia o giavellotto? La lancia è un’arma da offesa utilizzata nello scontro ravvicinato con lo scopo di ferire l’avversario con un taglio largo e lacerante, mentre il giavellotto è un’arma da getto che procura una ferita piccola ma profonda e deve avere quindi una punta corta, molto appuntita e penetrante.
Spada di bronzo da Castelrotto-Hauenstein
La spada di bronzo di Castelrotto - Hauenstein
La spada, arma da offesa utilizzata nel combattimento corpo a corpo per ferire di punta o di fendente, rappresenta un’evoluzione del pugnale e nell’età del bronzo non sono mai particolarmente lunghe, in quanto, pur essendo robuste, potevano facilmente piegarsi.
L’introduzione della spada rappresenta un’evoluzione nella tattica del combattimento, risultando legata all’uso sempre più diffuso del cavallo a fini bellici a partire dalla metà del II millennio a.C., rivelando di conseguenza anche una significativa trasformazione sociale e culturale delle società dell’età del bronzo con la comparsa della figura del cavaliere. La spada di bronzo di Hauenstein è stata rinvenuta isolata ai piedi della punta Santner allo Sciliar, il massiccio montuoso dal profilo inconfondibile ai margini dell’Alpe di Siusi, nei pressi dei ruderi del Castel Hauenstein, nel comune di Castelrotto, e potrebbe aver fatto parte del corredo di una tomba.
La spada, del tipo a manico pieno, cioè con impugnatura ed immanicatura di bronzo massiccio, fusi separatamente dalla lama, misura ca. 60 cm di lunghezza. Di foggia nordica, danubiana o balcanica, potrebbe essere stata prodotta in un’officina d'oltralpe nella fase finale della media età del bronzo (ca.1350 a.C.).
L’impugnatura, cioè la parte che veniva brandita con la mano, è cilindrica a sezione ottagonale per facilitare la presa ed evitare che potesse scivolare durante l’uso, mentre l’immanicatura, che serviva per il fissaggio alla lama, ha una forma a ferro di cavallo con ribattini per il fermo.
Il manico è riccamente decorato ad incisione con cerchi concentrici, fasci di linee e motivi triangolari “a denti di lupo”.
Boccale tipo Luco dal luogo di culto al
Lago Nero-Schwarzsee-Seeberg sull'Alpe di Villandro
Il boccale tipo Luco dal luogo di culto al Lago Nero/Schwarzsee - Seeberg sull’Alpe di Villandro
Il recipiente rinvenuto al Lago Nero/ Schwarzsee-Seeberg sull’Alpe di Villandro è un tipico boccale della fase iniziale della cultura di Luco-Meluno, originata a sud delle Alpi nella età del bronzo finale (XII-XI secolo a.C.) e specifica della Valle dell’Adige e della regione centro alpina, che prende il nome da due siti archeologici presso Bressanone dove sono state rinvenute, per la prima volta, ceramiche di questo tipo.
Elementi caratteristici di questo boccale sono il beccuccio triangolare sull’orlo, le due appendici triangolari sempre sull’orlo ai lati del manico verticale a bastoncello decorato a solcature e la ricca e complessa decorazione a solcature e cordoni che formano motivi semicircolari concentrici con protuberanze coniche al centro. I boccali di questo tipo avevano varie funzioni, da quelle di uso domestico a quelle rituali, nei luoghi di culto della età del bronzo finale, come i roghi votivi alpini (Brandopferplatz), dove erano utilizzati per fare offerte agli dei. Le cerimonie di culto prevedevano la deposizione di cereali e di parti di animali sul rogo, dove si sono accumulati nel tempo strati di ceramica in frammenti, resti vegetali e ossa carbonizzate.
La zona del ritrovamento, a 2038 m di quota si trova sull’Alpe di Villandro, in una zona alpina punteggiata di laghetti, tra cui il Lago Nero/Schwarzse-Seeberg, poco sotto la forcella sulla quale sorge la Chiesetta dei Morti (Totenkirchl), tuttora meta di pellegrinaggi sia da Villandro sia dalla Val Sarentino, e in un’area da sempre sfruttata per l’estrazione dei minerali di rame. Boccali tipo Luco-Meluno sono stati rinvenuti anche in altri luoghi di culto con roghi votivi come sulla cima del Burgstall allo Sciliar a 2510 m di quota.
Si ringrazia per la cortese collaborazione il Museo Archeologico dell’Alto Adige e il dott. Umberto Tecchiati dell’Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Bolzano